sabato 17 novembre 2012



Nel 1906 un corteo di 4mila persone invase il Vivaro
 “Le tenute del duca sono nostre”
Tra i partecipanti anche Paolo Piccioni, futuro capo della Lega Contadina di Rocca di Papa, mentre l’On. Capece interrogò il Parlamento
di Andrea Sebastianelli

Da poche settimane era arrivata la primavera, dopo un inverno molto rigido che aveva costretto i contadini a una vita di stenti e privazioni, razionando cibo e legna da ardere. Il peggio pareva passato. Si era appena entrati nel mese di aprile del 1906, più di cento anni fa, quando la tranquillità del Vivaro venne interrotta da un brusìo di voci che man mano si faceva sempre più nitido. Alcuni abitanti del luogo, soprattutto bambini, corsero immediatamente lungo la strada interrata cercando di capire il motivo di quella litanìa. Dopo pochi minuti si videro venire incontro un vero e proprio corteo composto da circa quattromila persone (un’enormità oggi figuriamoci all’epoca) armate di campane, campanelle, pezzi di stoffa colorata, cantando inni e sentimenti di libertà.
La sorpresa fu molto forte per quella decina di famiglie arrivate al Vivaro qualche anno prima da Capranica Prenestina e che avevano ottenuto dal duca Sforza Cesarini e dalla duchessa Vittoria Colonna la possibilità di stanziare su quelle rigogliose terre coltivandole con la loro esperienza e caparbietà. Dopo circa sei anni avevano formato una sorta di villaggio contadino composto da capanne di legno con tetto di paglia, simili alle abitazioni degli antichi abitatori di queste zone. Quei quattromila manifestanti scelsero proprio le vallate del Vivaro per mettere in atto una pacifica occupazione con lo scopo di intimorire il duca, proprietario delle terre, e allo stesso tempo di rappresentare i diritti di quei contadini sfruttati a cui era impedito di costruire dimore più decenti per il timore che potessero dare vita a un insediamento stabile. Ogni richiesta di accordo fino a quel momento era sempre stata rifiutata.
Il corteo, composto da uomini e donne in parte dei Castelli Romani e in parte arrivati da Roma, si diresse verso il fontanile del domatore, costruito con la tipica pietra sperone nel 1820 per permettere l’abbeveraggio degli animali al pascolo, dei viandanti e, dopo il loro arrivo, delle famiglie di Capranica. Fu una vera e propria invasione che in breve coprì una vasta area di terreno mentre gli inni patriottici, ancora pervasi dagli ideali risorgimentali, si udivano a chilometri di distanza. Lo “spettacolo”, poi, doveva sembrare ancora più caratteristico a quei bambini malvestiti e sporchi, visto che ben trecento cavalieri chiudevano il corteo scuotendo ripetutamente delle campanelle a ritmi frenetici.
La rivendicazione era palese: ottenere dal duca la concessione di alcuni appezzamenti di terreno per quelle famiglie che, finalmente, potevano sperare in un futuro più roseo dopo anni di sacrifici e rinunce.
Quella del Vivaro non fu l’unica manifestazione organizzata in quegli anni per rivendicare il possesso di terreni da coltivare. Ma fu sicuramente quella più eclatante visto che l’Onorevole Alfredo Capece-Minutolo di Bugnano presentò un’interrogazione parlamentare per fare piena luce su quella che veniva vista come un’azione sovversiva in un momento in cui, tra lotte contadine e una crescente diffusione delle idee anarco-socialiste, crescevano di pari passo le preoccupazioni nella Casa Reale.
Già nel 1903, a maggio, si verificò l’invasione a Colonna delle terre ricadenti nella tenuta Pallavicino. Tre mesi dopo, il 24 agosto, la stessa cosa accadde ad Ariccia nelle terre di proprietà dei Chigi a Vallericcia.
E ancora: a settembre dello stesso anno fu invasa la tenuta Cancelliera ad Albano. Insomma, un vero e proprio moto rivoluzionario, sfociato nelle tante leghe dei contadini, stava partendo dal basso, spinto dalla fame delle classi più povere e senza diritti ora decise ad auto-organizzarsi. Nel 1904 a Civita Castellana si era tenuto infatti il I Congresso delle Leghe del Lazio, che aveva dato voce alle istanze provenienti da tutta Italia. Contemporaneamente al corteo del Vivaro, si tenne a Marino un convegno che vide riunite le sezioni socialiste dei Castelli Romani. Un’avanzata ideologica popolare (o proletaria) che preoccupava sempre più i Savoia e che paradossalmente avrebbe accelerato il formarsi di una nuova ideologia politica, il fascismo, che nel volgere di pochi anni avrebbe gettato le basi di una dittatura ventennale.
La Regia Prefettura, allertata degli avvenimenti del Vivaro, trovò un sponda fertile nell’amministrazione comunale di Rocca di Papa il cui Sindaco, Vincenzo Gatta, fino a quel momento si era dimostrato sordo a ogni richiesta proveniente dalla popolazione contadina. Quello stesso Vincenzo Gatta che in seguito verrà accusato di aver venduto dei terreni di proprietà del Comune a Luigi Santovetti il cui nipote (nonché unico erede) faceva parte della stessa amministrazione.
Tra i quattromila del Vivaro c’era anche il sedicenne Paolo Piccioni, che nel 1928 guiderà la Lega Contadina di Rocca di Papa e che durante il fascismo subirà diverse angherie e restrizioni da parte del governo mussoliniano. Insieme a lui marciarono anche Arduino Gatta, l’anarchico roccheggiano che nel 1909 sarà processato con l’accusa di aver usurpato proprio alcune terre della duchessa Sforza Cesarini (vedi Il Segno di maggio-agosto 2012); e i socialisti Serafino Rufini e Amedeo e Riccardo Gabrielli. Giovani ricchi di entusiasmo e ideali come migliaia di loro in tutt’Italia, le cui storie si sarebbero poi disperse nelle sopraffazioni di un potere deciso a spegnere sul nascere ogni forma di ribellione ma che, con la fine del fascismo e successivamente della monarchia, sarebbe sfociato in una nuova speranza di libertà e giustizia.

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