sabato 31 agosto 2013

Prendi tre e paghi zero

via delle Mimose 1988
L’urbanistica, si sa, è una materia difficile. A saperla maneggiare, ci si può fare pure qualche affaruccio. A ruspare nelle pieghe della legge, c’è sempre da trovare qualche piacevole sorpresa.
Vediamo alcuni fatti, almeno quelli che possiamo osservare noi semplici cittadini: al punto 2 del Consiglio Comunale del 29 agosto c’era una delibera dal titolo piuttosto enigmatico, per quanto lunghissimo. In sostanza, era “la proposta progettuale avanzata dal Sig. Galli Carlo al fine di realizzare il progetto di demolizione, ricostruzione ed ampliamento di una attività produttiva (…) in variante del vigente Piano Regolatore Generale (…) del 1974 (…)”.
via delle Mimose 1998
A parte che un Piano Regolatore del 1974 dovrebbe essere un oggetto di antiquariato, non proprio aggiornatissimo per una gestione territoriale appena appena credibile, le belle parole del titolo della delibera devono essere risultate flautate per molti consiglieri comunali. E infatti, tutti (maggioranza e opposizione) hanno salutato l’operazione con trionfalistici giudizi sulla riqualificazione ambientale, sul coraggio imprenditoriale, sul vantaggio sociale. Neanche uno che avesse richiamato il contenuto dei documenti, dato un’occhiata alle carte, intravisto qualche planimetria.
via delle Mimose 2002
Forse hanno ritenuto che non ce n’era bisogno, visto che l’assessore all’urbanistica (per quel che si dice molto amica del privato che proponeva la delibera), si è accalorata in una lunga esposizione piena di numeri, date, leggi... Dobbiamo anche ringraziarla, perché raccontandoci il contenuto di alcuni documenti fondamentali, il suo eccesso di zelo ha posto in luce qualche pecca.
via delle Mimose 2003
Tra le tante cose dette ha sostenuto, con disinvolta naturalezza, che i capannoni da demolire sono stati realizzati prima del 1995. Queste le sue testuali parole: “Partiamo dal presupposto che il signor Carlo Galli ha presentato questa proposta perché ha un’attività produttiva su un terreno agricolo e tutte le realtà esistenti su questo terreno agricolo sono state sanate, perché edificate in periodo precedente al ’95 e quindi in base alle sanatorie ha anche ritirato tutti i permessi per costruire (…). A livello urbanistico, diciamo che tutti gli abusi di cui si parla, delle attività nate intorno agli anni ‘70, come si può evincere dagli atti presenti in Comune, sono assolutamente in regola.”
via delle Mimose 2005
Quindi, secondo quello che ha detto l’assessore, è stata utilizzata la legge 160 del 2010 (comunemente decreto Bersani), per la quale si può fare una fruttuosa operazione di demolizione e ricostruzione. In sostanza, il privato demolisce e ricostruisce una cubatura esistente (e regolare, nel senso di non abusiva). In questo caso particolare, il privato, già che c’è, fa anche un ampliamento. Tutto regolare dunque? Per l’assessore, la Giunta, il sindaco e i consiglieri comunali, è tutto regolare!
Noi, incuriositi dall’enfasi dell’assessore sulla regolarità dei capannoni preesistenti, abbiamo fatto un controllo semplicissimo e veloce, scaricando alcune foto satellitari da internet. Stando a queste immagini (qui accanto) risulta che tre capannoni non stavano lì nel 1995, ma sono comparsi solo dopo. Chissà, forse l’assessore si è sbagliata, o forse le è scappata una bugia a fin di bene (di chi, lo possiamo immaginare).
via delle Mimose 2008
All’ufficio tecnico comunale la cosa è sfuggita? E i vigili urbani non hanno mai notato niente? Eppure bastava andare sul posto e guardare. Oppure, senza neanche alzarsi dalle poltrone di lavoro, aprire una foto satellitare su internet. I capannoni da demolire e ricostruire sono stati fatti dopo il 2005, quando era chiusa qualsiasi possibilità di condono. Allora come hanno fatto poi a condonarli? Sono passati almeno otto anni durante i quali nessuno ha visto niente. Se stanno lì da dopo il 2005 sarebbero non condonabili, in altri termini abusivi, da acquisire gratuitamente al patrimonio comunale, o da abbattere ripristinando lo stato dei luoghi. Insomma, non si potrebbero usare come base per una demolizione e ricostruzione.
via delle Mimose 2013
Qualche giorno fa i capannoni sarebbero stati abbattuti dal suo proprietario, ma questo non cambia nulla rispetto ai contenuti della vicenda. Anche se demoliti rimangono il 
punto di partenza per uno scambio: prendi tre e paghi zero.
via delle Mimose 17 giugno 2013

mercoledì 28 agosto 2013

Nel paese dei balocchi regali per pochi pagati da tutti

Gli ingredienti sono: un paese allo stremo con debiti milionari; un Consiglio Comunale convocato ad agosto; un gruppo dirigente che sembra pagare i debiti elettorali con risorse pubbliche.
Come si fa? Si aspetta il caldo di ferragosto per buttare giù delibere che valgono un sacco di soldi e per giustificarle si accenna a non meglio precisate esigenze pubbliche.
Può capitare così che in un paese come Rocca di Papa si segua un copione non dissimile e ci si ritrovi ad approvare un paio di delibere semplici semplici, ma piene di sostanza.
La prima: un cambio di destinazione urbanistica (da agricola ad attività produttive), con relativa cubatura. In pratica si consente a un privato di costruire più di 10.000 metri cubi dove prima c’era l’erba. Che in soldoni equivalgono a svariati milioni di euro. E chi è il privato?
C’è chi dice che sia un amico fraterno del sindaco e di qualche assessore, ma noi non ci crediamo.
C’è chi dice che sia un sostenitore delle campagne elettorali del sindaco e del suo partito, ma noi non ci crediamo.
C’è chi dice che sia un munifico finanziatore delle cene elettorali per sostenere l’attuale maggioranza che governa Rocca di Papa, ma noi non ci crediamo.
C’è chi dice che si tratterebbe di cene svolte al ristorante La Foresta, ma noi non ci crediamo.
C’è chi dice infine che questo ristorante sia di proprietà della famiglia del costruttore, che sarebbe il beneficiato dalla delibera in esame, e forse ci crediamo.
La seconda: un rinnovo per una concessione per la gestione dell’unico parco pubblico fruibile a Rocca di Papa, “La Pompa”, ai Campi di Annibale. La storia è questa: nel 2001 viene firmato un accordo transattivo tra Comune e alcuni proprietari. L’accordo venne presentato per scongiurare un contenzioso. Contenzioso che, a rilegger le carte dell’epoca, poteva essere evitato subito, mettendo a posto i documenti con un passaggio in Consiglio comunale. Si preferì un accordo, che produsse un affidamento diretto (senza gara pubblica) per la gestione del parco e soprattutto di un chiosco bar-pizzeria, appositamente realizzato nel parco di proprietà comunale.
Dove sta il vantaggio? Nella gestione del bar-pizzeria. Che posizionato lì è una miniera d’oro.
Agli affidatari la convenzione concede otto anni più una proroga di altri otto. Dopo innumerevoli vicende in cui gli affidatari fanno diversi abusi, con sequestri e blocco dei cantieri da parte del Comune, arriviamo ad oggi, senza che nessuno abbia eccepito nulla sul mancato rispetto della convenzione, che tra le tante cose, per esempio, non prevedeva la realizzazione di abusi edilizi.
Nel 2012 gli affidatari fanno domanda di agibilità dei locali del bar, come a dire che fino ad allora il bar era sostanzialmente abusivo. E come è stato possibile, se stava su un terreno di proprietà comunale e oggetto addirittura di una convenzione? Forse perché nessuno ha controllato? Forse perché chi ha controllato ha fatto finta di niente? Non lo sappiamo. Ma è certo che la convenzione non è stata rispettata. E che fa il Comune a questo punto? Rescinde il contratto e si riprende le aree di sua proprietà? No! Al contrario, premia gli affidatari con una proposta di altri 19 anni di gestione convenzionata, sempre senza oneri per i concessionari, perché loro tagliano l’erba e tengono pulito il chiosco. Il tutto senza neanche aspettare la naturale scadenza della convenzione fissata al 1° gennaio del 2017. In più, tanto per dare una spruzzatina di suspanse, c’è chi dice che il concessionario voglia rivalersi sull’Amministrazione per presunti ridotti guadagni, per una questione di estensione dei prati intorno al bar… Fantastico! L’amministrazione fa finta di mettersi paura e per evitare conflitti, a quanto pare solo bisbigliati, rinnova una concessione per la gestione del bar-pizzeria quattro anni prima della scadenza: affidamento diretto, senza gara. In più, come “regalo fedeltà” ci mette anche una clausola per consentire una specie di subappalto, così il bar-pizzeria, avuto gratis dall’amministrazione comunale, potrà essere subappaltato, e in questo caso, è quasi certo, non gratuitamente.
Non sarebbe meglio, una volta accertato il mancato rispetto della convenzione, azzerarla, fissare un canone e fare un bando pubblico per la gestione del parco e soprattutto del bar? Hai visto mai che vinca qualche giovane roccheggiano che è in cerca di lavoro? Hai visto mai che si arrivi ad avere occupazione e introiti per le casse pubbliche, in sostanza vantaggi per l’intera collettività?

Le storie narrate sembra proprio che siano un gioco, in cui conta impudenza e destrezza, proprio come al monopoli. Che bisogno c’è per la collettività di approvare queste delibere? Nessuna. 

martedì 20 agosto 2013

Ogni stagione ha i suoi frutti

Funghi a ottobre, grano a giugno e abusi edilizi a ferragosto. La tradizione italica è sempre rispettata. A Grottaferrata qualche settimana fa è spuntata una bella piscina nella tenuta agricola Fonteia. Stiamo proprio sotto al Tuscolo, non lontano dall’antica via dei Sepolcri che porta al pianoro dove sta il teatro romano, all’interno del Parco dei Castelli Romani.
Il progetto è del 2006, e fu contestato già allora. Ci furono ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato, addirittura una marcia di cittadini. Il progetto era una chiara forzatura: si parlava di attività agricola, con manufatti che sembravano più adatti per un albergo che per coltivare la terra.
Affacciandosi dalla rete di recinzione della “tenuta agricola”, all’occhio dell’ignaro passante la costruzione potrebbe sembrare un resort extralusso, con tanto di velux sul tetto (le finestre che si usano per le ville) e con accanto una stupefacente piscina con una gradinata per scendere in acqua. Tutto intorno il meraviglioso paesaggio dei Castelli Romani pronto per essere coltivato.
Invece, per un tecnico esperto, la piscina è un abbeveratoio, il resort è un granaio, le velux servono per dare luce alle mucche e i campi intorno alla piscina sono per le patate.
Secondo una logica elementare le piscine non dovrebbero essere autorizzate, vista la perdurante penuria d’acqua che caratterizza purtroppo i Castelli Romani. Ma la piscina non sembra comunque compatibile con le necessità di una tenuta agricola. Naturalmente sappiamo che frotte di avvocati sono pronte a sostenere la necessità del ristoro fisico dell’agricoltore e quindi della irrinunciabile esigenza di una piscina.
Nel frattempo nessuno controlla e, nel caso, nessuno pone sotto sequestro il presunto abuso. Fuori dalla tenuta non compare alcun cartello che riguardi la piscina, già da solo questo dovrebbe essere un indizio non trascurabile per i guardiaparco del Parco dei Castelli Romani, per la polizia municipale di Grottaferrata, per il Corpo forestale dello Stato. Tutta gente che ha come compito principale quello del controllo del territorio. O forse no?

Andrea Sebastianelli


Il P.U.A. di Tuscolo torna ad allarmare

Il periodico “Il Piccolo Segno”, “Italia Nostra” e l'associazione grottaferratese “U Lengheru Neru”, hanno presentato un Esposto sulla questione del P.U.A. di Tuscolo, quella che avrebbe dovuto essere una azienda agricola.
Da alcune foto si nota la realizzazione di quella che sembrerebbe essere una piscina per realizzare la quale è stato effettuato un pesante sbancamento.
Le associazioni hanno deciso di assumere quest'iniziativa per chiedere una verifica circa la regolarità dell'opera; se questa era prevista nel progetto iniziale o se è stata realizzata, ed eventualmente autorizzata, successivamente.
Ricordiamo che il Tuscolo è una della zone più pregiate dei Castelli Romani, sito archeologico importantissimo, vincolato dal punto di vista paesaggistico e ambientale e che rientra nei confini del Parco dei Castelli Romani.
L'esposto è stato presentato ai Carabinieri di Grottaferrata, al Corpo Forestale dello Stato, al Comune di Grottaferrata e al Parco dei Castelli Romani, invitando le autorità di Polizia Giudiziaria ad intervenire.
Siamo preoccupati”, afferma Andrea Sebastianelli direttore del Piccolo Segno, “del fatto che si continuano a realizzare opere in cemento sul Tuscolo uno dei luoghi simbolo dei Castelli Romani e plurivincolato. Non sappiamo se l'intervento sia stato autorizzato, chiediamo soltanto che l'autorità giudiziaria verifichi questo fatto.” “Certo autorizzare una piscina a Tuscolo sarebbe comunque una aberrazione considerando i gravi problemi idrici dei Castelli Romani,”dichiara Angelo D'Ottavi de U Lengheru Neru.“Non c'è solo il problema, grave, di penuria di acqua”, rincara Enrico Del Vescovo di Italia Nostra, ”ma anche del fatto che uno dei Paesaggi più importanti del Lazio venga continuamente sottoposto ad uno stillicidio di interventi che nulla hanno a che fare con la salvaguardia di questo importante contesto ambientale nel quale natura e cultura trovano una sintesi sublime”.

Il Piano di Utilizzazione Agricola del Tuscolo sul versante del Comune di Grottaferrata, suscitò enormi polemiche tanto che oltre 500 cittadini manifestarono contro quello che fu ritenuto un vero e proprio attacco al Paesaggio e all'Ambiente.  


Il Piccolo Segno
U Lengheru Neru
Italia Nostra Castelli Romani