Dare spessore e
qualità ai festeggiamenti della sagra
Dolciumi,
salsicce, vino, polenta, zucchero filato, pannocchie, crepes. Poi anche le castagne. Erano la cosa meno buona della sagra.
Non sanno di niente!, e ancora: Un cartoccio due euro e mezzo e sono tutte
bruciate! Oppure: Ma da dove vengono?
Certo non da Rocca di Papa, che fa la sagra ma ha pochissime castagne da frutto,
infatti gli alberi sono quasi tutti da legno. In questo siamo in buona
compagnia con Nemi che fa la sagra delle fragoline, vanto - una volta - degli
orti intorno al lago, oppure con Lariano che fa la sagra del porcino, con
funghi che vengono comprati con grande anticipo soprattutto in Romania.
Le sagre sono eventi annuali
che attirano folle di turisti, se ben
gestite diventano un affare per gli organizzatori e per la città che le ospita.
Rocca di Papa non fa eccezione e da 33 anni organizza una sagra che ha a che
fare con il paesaggio dei suoi boschi, anche se le castagne si comprano fuori. Va bene, va sempre bene, non ci
sarebbero troppi problemi, anche con prodotti che arrivino, si spera, da non
troppo lontano. Solo che per come è stata organizzata negli ultimi anni la sagra è diventata sempre più una
mediocre fiera di paese. La qualità dei prodotti celebrati non è controllata
proprio da nessuno. Ciascun rivenditore è libero di comprare le castagne dove
meglio crede e metterle sui banchetti e pazienza se non sono squisite come l’evento dovrebbe garantire. Tanto la folla
di turisti è così straripante che non si hanno rapporti con dei clienti da
fidelizzare, ma con frotte di occasionali avventori che pure se non rimarranno
soddisfatti saranno sostituiti da altri. Una
logica mercificante che si lascia alle spalle la cura dei prodotti e il
rispetto per le persone alle quali li si offre.
Nel
luccichio della sagra poi c’è di tutto e, nonostante i lodevoli sforzi dei
tanti partecipanti all’organizzazione, alcune cadute di stile non si possono
non notare. Capita di imbattersi in piatti di polenta dai sughi “sbrigativi”,
diciamo così, o in stand montati alle meno peggio. Ma dopo alcuni decenni non
si poteva arrivare a qualche forma di allestimento più decorosa?
Per
il resto le feste di paese a noi piacciono assai, con quel sapore di
strapaesanità che rimanda a consuetudini antiche, magari rispolverate per
l’occasione. Quello che piace meno è quando si fa un po’ il verso alle
tradizioni, o quando ad esempio lo stornellatore di turno cade nel pecoreccio,
quando la battuta supertriviale diventa il segno distintivo di qualcuno che
tenta di far ridere da qualche palco.
Abbiamo
un altro anno davanti, la 34° sagra
avrebbe bisogno di qualche correttivo. C’è qualcun che ci penserà?
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