sabato 22 giugno 2013

Storia di un grande bluff. I 130mila euro per risistemare la villa confiscata ai criminali (e affidata al Comune) non ci sono

di Andrea Sebastianelli
La cosa peggiore che può capitare al direttore di un giornale (soprattutto se a diffusione territoriale) è quella di lasciare i lettori interdetti e in preda alla confusione. In parte è ciò che è accaduto con l’uscita del numero di maggio del Segno, avvenuta il giorno 18.
Era un sabato e, nella stessa mattinata, il quotidiano Il Messaggero “Area metropolitana”, conteneva un articolo incentrato sulla nostra stessa notizia (a cui il Segno riservava il paginone centrale) riguardante le condizioni della “casa rosa”, il bene sequestrato alla malavita in via dei Principi e affidato nel 2010 al Comune che avrebbe dovuto trasformarlo in una casa alloggio per donne in difficoltà. Vicenda portata alla luce da un attivo Consigliere Comunale, Emanuele Crestini.
Stessa notizia due mondi opposti. “A chi credere?” si sarà domandato il lettore incappato nelle due diverse cronache. Quella che ai nostri occhi, dopo aver passato settimane a leggere documenti, appariva come una negligenza molto grave da parte del Comune di Rocca di Papa visto che in due anni non era riuscito, come promesso al Tribunale, a “custodire” la villa nel modo dovuto lasciandola depredare come un fortino dagli Apaches (al momento della consegna era completa di tutto, compreso televisore e lavatrice – è tutto scritto su un verbale), per Il Messaggero era la dimostrazione della capacità del Sindaco Boccia di trovare la soluzione. Già il titolo era abbastanza eloquente: “Villa confiscata alla criminalità, pronti i fondi per ristrutturarla”. L’articolo appariva ancora più chiaro: “Il progetto presentato dal Comune di Rocca di Papa […] è stato infatti tra i vincitori del bando della Regione Lazio per l’erogazione di fondi destinati agli immobili confiscati a mafia e criminalità, perché venissero utilizzati per finalità sociali”.
Resta da capire perché il fallimento palese, chiaro e accertato di un primo cittadino su un fatto palese, chiaro e accertato, possa di colpo, per qualcun’altro, diventare un successo. Forse la spiegazione la troviamo in un libro del 2006, “La scomparsa dei fatti” di Marco Travaglio (ed. Il Saggiatore). Scriveva Travaglio: “Se in America il giornalismo è il cane da guardia del potere, in Italia è il cane da compagnia. O da riporto”. Ma forse, nel nostro caso, si è trattato solo di superficialità (anche al sottoscritto è capitato qualche volta). Prendere per buone le affermazioni di un Sindaco senza avvertire il bisogno di verificarle, però, è un fatto grave. Soprattutto se quelle affermazioni hanno il solo scopo di coprire le magagne raccontando ai lettori-cittadini qualcosa che, di fatto, ancora non esiste.
Ma entriamo nel dettaglio.
Sul Messaggero, il Sindaco Boccia ha affermato, riferendosi al finanziamento regionale: “Tra pochi mesi quindi avremo una Casa rosa di cui il territorio ha grande bisogno…”. Sulla stessa linea anche Annalisa Gentilini, responsabile dei Servizi Sociali del Comune, che al Tuscolo (numero di giugno) ha confermato: “Sappiamo che ora i soldi ci sono e che Rocca di Papa aggiungerà valore al suo impegno sociale”.
Ma le cose stanno proprio così come ce le raccontano?
Sarebbe bastato scrivere una mail al responsabile del Dipartimento Programmazione economica e sociale della Regione Lazio (cosa che noi abbiamo fatto il mese scorso ottenendo risposta dopo pochi minuti) per capire che quei soldi annunciati dal Sindaco, almeno per ora non arriveranno, semplicemente perché la graduatoria finale dei 108 Comuni ammessi (Determinazione n. B09041 del 22/11/2012), stilata dalla commissione giudicatrice, ha visto Rocca di Papa classificarsi soltanto all’81° posto (per un progetto da 129.000 euro). Nella stessa graduatoria, solo per fare un esempio, il progetto da 900mila euro per l’ex Bazzica, predisposto dall’amministrazione di Grottaferrata, si è piazzato al 43° posto scatenando la delusione sia dell’allora Sindaco Mori che di Don Franco Monterubbianesi, fondatore di Capodarco e capofila del progetto, il quale ancora oggi manifesta la delusione per essere arrivati vicini al traguardo ma di non essere riusciti a ottenere il contributo regionale.
Il motivo non è difficile da capire (anche in questo caso bastava leggersi il bando e le relative determinazioni regionali. Cosa che noi abbiamo fatto). La dote del bando, infatti, era di 16.500.000 euro e, in base alla graduatoria definitiva, questi soldi saranno appena sufficienti a finanziare i primi 35 progetti (forse 36 con un piccolo sforzo).
Quindi, facendo due conti, è facile comprendere che se dal n. 1 al n. 35 si consumano 16,5 milioni di euro, per arrivare a finanziare la “casa rosa” di Rocca di Papa (81° posto) servirebbero altri 18.696.000 euro (dal n. 36 al n. 80). Dal n. 81 (Rocca di Papa) al n. 108 servirebbero poi altri 11.142.000 euro.
In totale per tutti i 108 progetti inseriti in graduatoria servirebbero circa 50 milioni di euro. Una cifra che la Regione Lazio difficilmente potrà stanziare da qui al 2015 (l’ultimo anno in cui la graduatoria resterà in vigore). E’ come se un cittadino, arrivato 90° a un concorso per dieci posti da usciere, organizza una festa per essere comunque entrato in graduatoria nella speranza che quelli prima di lui rinuncino al posto.
Appurato tutto ciò, quindi, per noi del Segno era ovvio mettere in risalto due aspetti della “casa rosa”: degrado della villa e “mala custodia” da parte del Comune, relegando la questione del finanziamento regionale ai margini. Anche perché in questo caso avremmo dovuto aprire un capitolo sulla qualità del progetto presentato. Invece per Il Messaggero, la notizia su cui concentrare l’attenzione era proprio il finanziamento della Regione “ottenuto” da Boccia che aveva così portato a casa un grande risultato (!). Come abbia potuto, poi, il Sindaco di Rocca di Papa dichiarare che “tra pochi mesi”, grazie al finanziamento regionale, il progetto si concretizzerà, resta un mistero.
Le cose sono due: o ha mentito sapendo di mentire, oppure anche lui non conosceva la graduatoria stilata dalla commissione regionale (cosa ancora più grave visto che il Sindaco ha anche un contratto a tempo pieno con la Regine Lazio) convinto, come la sua responsabile di settore, che presto avrebbe incassato l’assegno di Zingaretti .
Ma Boccia non si è limitato a fare queste dichiarazioni, le ha anche ribadite.
Qualche settimana dopo, infatti, le ha ripetute ad Alfredo Digiovampaolo, bravo giornalista di RaiTre (messe poi in onda sia nel programma Buongiorno Regione che in uno speciale di Rainews24), assicurando che tra due mesi quella struttura sarà funzionante e attiva.

Dopo la storia di questo “grande bluff”, però, il problema resta irrisolto: una struttura sottratta alla criminalità è stata abbandonata a se stessa, esclusivamente per incapacità e negligenza. E anche se il Comune avesse ricevuto il contributo per risistemare tutto, la gravità sarebbe rimasta inalterata: sperperare soldi pubblici per rimediare a un danno provocato dal mancato controllo di un ente pubblico, è doppiamente grave.  

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