di Andrea Sebastianelli
La cosa peggiore che può capitare al
direttore di un giornale (soprattutto se a diffusione territoriale) è
quella di lasciare i lettori interdetti e in preda alla confusione.
In parte è ciò che è accaduto con l’uscita del numero di maggio
del Segno, avvenuta il giorno 18.
Era un sabato e, nella stessa
mattinata, il quotidiano Il Messaggero “Area metropolitana”,
conteneva un articolo incentrato sulla nostra stessa notizia (a cui
il Segno riservava il paginone centrale) riguardante le condizioni
della “casa rosa”, il bene sequestrato alla malavita in via dei
Principi e affidato nel 2010 al Comune che avrebbe dovuto
trasformarlo in una casa alloggio per donne in difficoltà. Vicenda
portata alla luce da un attivo Consigliere Comunale, Emanuele
Crestini.
Stessa notizia due mondi opposti. “A
chi credere?” si sarà domandato il lettore incappato nelle due
diverse cronache. Quella che ai nostri occhi, dopo aver passato
settimane a leggere documenti, appariva come una negligenza molto
grave da parte del Comune di Rocca di Papa visto che in due anni non
era riuscito, come promesso al Tribunale, a “custodire” la villa
nel modo dovuto lasciandola depredare come un fortino dagli Apaches
(al momento della consegna era completa di tutto, compreso televisore
e lavatrice – è tutto scritto su un verbale), per Il Messaggero
era la dimostrazione della capacità del Sindaco Boccia di trovare la
soluzione. Già il titolo era abbastanza eloquente: “Villa
confiscata alla criminalità, pronti i fondi per ristrutturarla”.
L’articolo appariva ancora più chiaro: “Il progetto presentato
dal Comune di Rocca di Papa […] è stato infatti tra i vincitori
del bando della Regione Lazio per l’erogazione di fondi destinati
agli immobili confiscati a mafia e criminalità, perché venissero
utilizzati per finalità sociali”.
Resta da capire perché il fallimento
palese, chiaro e accertato di un primo cittadino su un fatto palese,
chiaro e accertato, possa di colpo, per qualcun’altro, diventare un
successo. Forse la spiegazione la troviamo in un libro del 2006, “La
scomparsa dei fatti” di Marco Travaglio (ed. Il Saggiatore).
Scriveva Travaglio: “Se in America il giornalismo è il cane da
guardia del potere, in Italia è il cane da compagnia. O da riporto”.
Ma forse, nel nostro caso, si è trattato solo di superficialità
(anche al sottoscritto è capitato qualche volta). Prendere per buone
le affermazioni di un Sindaco senza avvertire il bisogno di
verificarle, però, è un fatto grave. Soprattutto se quelle
affermazioni hanno il solo scopo di coprire le magagne raccontando ai
lettori-cittadini qualcosa che, di fatto, ancora non esiste.
Ma entriamo nel dettaglio.
Sul Messaggero, il Sindaco Boccia ha
affermato, riferendosi al finanziamento regionale: “Tra pochi mesi
quindi avremo una Casa rosa di cui il territorio ha grande bisogno…”.
Sulla stessa linea anche Annalisa Gentilini, responsabile dei Servizi
Sociali del Comune, che al Tuscolo (numero di giugno) ha confermato:
“Sappiamo che ora i soldi ci sono e che Rocca di Papa aggiungerà
valore al suo impegno sociale”.
Ma le cose stanno proprio così come ce
le raccontano?
Sarebbe bastato scrivere una mail al
responsabile del Dipartimento Programmazione economica e sociale
della Regione Lazio (cosa che noi abbiamo fatto il mese scorso
ottenendo risposta dopo pochi minuti) per capire che quei soldi
annunciati dal Sindaco, almeno per ora non arriveranno, semplicemente
perché la graduatoria finale dei 108 Comuni ammessi (Determinazione
n. B09041 del 22/11/2012), stilata dalla commissione giudicatrice, ha
visto Rocca di Papa classificarsi soltanto all’81° posto (per un
progetto da 129.000 euro). Nella stessa graduatoria, solo per fare un
esempio, il progetto da 900mila euro per l’ex Bazzica, predisposto
dall’amministrazione di Grottaferrata, si è piazzato al 43° posto
scatenando la delusione sia dell’allora Sindaco Mori che di Don
Franco Monterubbianesi, fondatore di Capodarco e capofila del
progetto, il quale ancora oggi manifesta la delusione per essere
arrivati vicini al traguardo ma di non essere riusciti a ottenere il
contributo regionale.
Il motivo non è difficile da capire
(anche in questo caso bastava leggersi il bando e le relative
determinazioni regionali. Cosa che noi abbiamo fatto). La dote del
bando, infatti, era di 16.500.000 euro e, in base alla graduatoria
definitiva, questi soldi saranno appena sufficienti a finanziare i
primi 35 progetti (forse 36 con un piccolo sforzo).
Quindi, facendo due conti, è facile
comprendere che se dal n. 1 al n. 35 si consumano 16,5 milioni di
euro, per arrivare a finanziare la “casa rosa” di Rocca di Papa
(81° posto) servirebbero altri 18.696.000 euro (dal n. 36 al n. 80).
Dal n. 81 (Rocca di Papa) al n. 108 servirebbero poi altri 11.142.000
euro.
In totale per tutti i 108 progetti
inseriti in graduatoria servirebbero circa 50 milioni di euro. Una
cifra che la Regione Lazio difficilmente potrà stanziare da qui al
2015 (l’ultimo anno in cui la graduatoria resterà in vigore). E’
come se un cittadino, arrivato 90° a un concorso per dieci posti da
usciere, organizza una festa per essere comunque entrato in
graduatoria nella speranza che quelli prima di lui rinuncino al
posto.
Appurato tutto ciò, quindi, per noi
del Segno era ovvio mettere in risalto due aspetti della “casa
rosa”: degrado della villa e “mala custodia” da parte del
Comune, relegando la questione del finanziamento regionale ai
margini. Anche perché in questo caso avremmo dovuto aprire un
capitolo sulla qualità del progetto presentato. Invece per Il
Messaggero, la notizia su cui concentrare l’attenzione era proprio
il finanziamento della Regione “ottenuto” da Boccia che aveva
così portato a casa un grande risultato (!). Come abbia potuto, poi,
il Sindaco di Rocca di Papa dichiarare che “tra pochi mesi”,
grazie al finanziamento regionale, il progetto si concretizzerà,
resta un mistero.
Le cose sono due: o ha mentito sapendo
di mentire, oppure anche lui non conosceva la graduatoria stilata
dalla commissione regionale (cosa ancora più grave visto che il
Sindaco ha anche un contratto a tempo pieno con la Regine Lazio)
convinto, come la sua responsabile di settore, che presto avrebbe
incassato l’assegno di Zingaretti .
Ma Boccia non si è limitato a fare
queste dichiarazioni, le ha anche ribadite.
Qualche settimana dopo, infatti, le ha
ripetute ad Alfredo Digiovampaolo, bravo giornalista di RaiTre (messe
poi in onda sia nel programma Buongiorno Regione che in uno speciale
di Rainews24), assicurando che tra due mesi quella struttura sarà
funzionante e attiva.
Dopo la storia di questo “grande
bluff”, però, il problema resta irrisolto: una struttura sottratta
alla criminalità è stata abbandonata a se stessa, esclusivamente
per incapacità e negligenza. E anche se il Comune avesse ricevuto il
contributo per risistemare tutto, la gravità sarebbe rimasta
inalterata: sperperare soldi pubblici per rimediare a un danno
provocato dal mancato controllo di un ente pubblico, è doppiamente
grave.
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