Il Commissario Straordinario del Parco
Sandro Caracci
Nel presentarle le nostre
congratulazioni per la sua nomina a Commissario straordinario del Parco dei
Castelli Romani, vorremmo sottolineare alcuni aspetti che ci sembrano
importanti. Avremmo voluto parlarne direttamente con lei in un’intervista, ma
non ha risposto al nostro invito, quindi le inviamo questa “lettera aperta”, in
attesa di una sua disponibilità.
La precedente gestione
commissariale si è rivelata un’esperienza fortemente negativa. L’attività del
Parco, anche in termini di fruizione, è stata completamente assente. Dopo un
periodo precedente caratterizzato da vivacità e brillantezza il Parco è tornato
così nel più oscuro anonimato. Ma forse era proprio questo l’obiettivo che la
precedente gestione del Parco intendeva perseguire, considerando i tentativi,
fortunatamente abortiti, di restringerne i confini.
La sua nomina è coincisa con
una ripresa dell’attività di fruizione del Parco e questo, sommato ai contenuti
delle dichiarazioni che lei ha rilasciato alla stampa, lasciano sperare in una
nuova e diversa stagione.
Ci rendiamo conto che i
problemi sono tanti, legati soprattutto agli interessi di lobby potenti a
cominciare dal quelle legate all’edilizia. Abbiamo letto anche alcune proposte
che vengono dai sindaci dei Comuni del Parco, che reclamano la diretta gestione
dell’Ente. Questa non sembra proprio una soluzione, considerando che le
maggiori responsabilità della pessima gestione territoriale siano proprio da
attribuirsi alla scelte dei sindaci dei Castelli, che negli anni hanno
determinato una sproporzionata urbanizzazione e una scarsa attenzione alle
prerogative dell’ambiente. Non dimentichiamo poi il fatto che i sindaci hanno
già gestito direttamente il Parco per una decina d’anni, fino al 1997, e che
furono sostituiti da un Commissario ad Acta proprio perché non riuscivano ad
adottare il Piano di Assetto.
C’è necessità che l’Ambiente,
le Risorse Naturali, la Biodiversità, la Tutela, abbiano qualcuno capace di
rappresentarli. Gli strumenti normativi ci sono tutti, anche se negli ultimi
anni, non sappiamo se per insipienza o qualcosa di peggio, le prerogative e i
poteri del Parco non sono stati applicati fino in fondo.
Ci riferiamo per esempio a
tre sentenze del Consiglio di Stato (3516, 3517 e 3518, tutte del 2012) che
riguardano ricorsi vinti specificamente dal Parco dei Castelli Romani. In
generale, queste sentenze assegnano ai parchi un ruolo fondamentale, per non
dire prevalente, nella pianificazione territoriale delle aree protette. Si
afferma infatti che un Piano di Assetto – anche solo adottato – si applica
immediatamente, con i suoi contenuti normativi e regolamentari. Altro elemento:
un Piano di Assetto può superare le norme dei Piani Paesistici. I Parchi sono
infatti considerati detentori di superiori prerogative ambientali.
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Una rivoluzione che dovrebbe
destare dall’assopimento amministrativo coloro che puntano sull’oblio dei
contenuti dei Piani (spesso dimenticati nei cassetti, come quello dei
Castelli), per non applicare quello che in genere è considerato il fastidioso
primato della tutela ambientale nella pianificazione territoriale. Una tutela
che, sempre più, considera l’ambiente allargato ai suoi contesti storici e
culturali.
Un altro pronunciamento,
questa volta del Tar (Tribunale Amministrativo Regionale) del Lazio, sul
ricorso 10615 del 2008, andato a sentenza nel 2013, stabilisce la
“insindacabilità” delle valutazioni del Parco nel rilascio delle
autorizzazioni, e ne stabilisce la discrezionalità tecnica (se non
irragionevole e discriminatoria). I giudici stabiliscono, inoltre, che i
giudizi tecnici del Parco possono superare i Piani Territoriali Regionali.
Insomma, si riconosce al Parco un potere molto forte, già scritto nelle leggi,
ma spesso scarsamente esercitato.
I vertici del Parco ne sanno
qualcosa di queste sentenze? E se sì, perché non le applicano? Noi condividiamo
i suoi auspici di vedere “approvato” definitivamente – da parte della Regione
Lazio – il Piano di Assetto nel 2014, quando l’Ente compirà trent’anni
dall’istituzione, ma anche un Piano del Parco semplicemente “adottato”, secondo
i giudici deve essere applicato. Non c’è bisogno quindi di stare ad aspettare
messianiche approvazioni dalla Regione Lazio.
Un’ultima osservazione: ci
sembra che l’azione di vigilanza e controllo del territorio, da parte dei
Guardiaparco, sia a dir poco inefficace. Troppo spesso, specie nel periodo
primaverile ed estivo, nei luoghi più frequentati – Tuscolo, Vivaro, lago di
Castel Gandolfo, si nota da un lato l’eccessivo proliferare di fuochi accesi
sui prati e nelle immediate vicinanze di boschi e dall’altro l’assoluta assenza
di qualsiasi forma di controllo dei guardiaparco. È pur vero che con la sola
repressione non si potranno mai modificare comportamenti ed abitudini incivili,
ma un minimo di vigilanza e di dissuasione sarebbe auspicabile. Ultimamente il
nostro periodico, insieme ad altre associazioni, ha presentato un esposto anche
al Servizio Vigilanza del Parco relativo alla realizzazione di una piscina presso
il Tuscolo, nella stessa proprietà di quell’intervento di Piano di
Utilizzazione Agricola (PUA) che tanto scalpore e polemiche ha suscitato
nell’opinione pubblica. Non essersi accorti che a Tuscolo, in un luogo visibile
perfino dalla stessa sede del Parco, si stava realizzando una piscina è già di
per sé piuttosto grave, ma che poi dopo un esposto non si verifichi (non ci è
arrivata alcuna risposta) se l’opera sia o meno stata autorizzata dal Parco, è
addirittura omissivo di un preciso dovere d’ufficio. Sono questi i
comportamenti che alimentano irritazione e sfiducia da parte dei cittadini.
Se condivide queste
osservazioni, vorremmo sperare che, in qualità di Commissario Straordinario,
voglia far sentire tutto il peso della sua carica.
La Redazione
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